Tutte le vite di Endrizzi...ringraziando il buon Dio e il Teroldego!

Tutte le vite di Endrizzi...ringraziando il buon Dio e il Teroldego!

Più che una storia di famiglia, l'epopea di un gruppo di fratelli tra vino, fede e istituzioni. 

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06/08/2013

Più che una storia di famiglia, l'epopea di un gruppo di fratelli tra vino, fede e istituzioni. Paolo Endrici va fiero di elencare le "gesta" dei tre fratelli scesi dalla Val di Non nella metà dell'800. Celestino, Angelo e Francesco avrebbero segnato profondamente la storia di queste terre tridentine.

Celestino divenne un importante Principe Vescovo e negli stessi anni Angelo si consolidò come Preside della provincia di Trento. Insomma il potere amministrativo e quello religioso parlava Endrici. Francesco si fermò invece a San Michele all'Adige e qui iniziò la bellissima avventura della Cantina tutt'ora attiva.

Non fu un inizio facile. I primi anni di vita dell'azienda furono devastati dal flagello della fillossera che distrusse l'intero vigneto europeo. IL trentino non si sottrasse a tale evento funesto e la conseguenza fu l'azzeramento di tutti i vigneti di proprietà. 

I fratelli Endrizzi però, chiamati così in modo gergale dai paesani del luogo, non si dannarono l'anima e nel 1894 comperarono quello che divenne poi il loro punto di forza, il Masetto, 30 ha di terreno.

L'anno seguente iniziarono la costruzione della cantina la quale divenne un punto di riferimento per l'intera economia locale. Si pensa che tutti, in qualche modo, abbiano partecipato a fornire uve alle cantine Endrizzi. Non esistevano ancora cantine sociali e quindi si trattava dell'unico modo per i contadini di realizzare con le loro vigne.

Questa è la prima vita degli Endrici di San Michele all'Adige. Ma si sa i tempi non lasciano mai troppo tempo per oziare e i primi del Novecento furono decisivi per l'azienda. Da una parte le guerre mondiali e poi l'altra grande piaga della fillossera, distrussero fisicamente la cantina e le vigne di proprietà. Inoltre gli Endrici vennero defraudati di tutte le proprietà in giro per l'Italia e subiro la confisca dei beni. Tale situazione fu ancora più accentuata dalla seconda guerra mondiale dove i fratelli dovettero partecipare come soldati. Franco, il padre di Paolo, l'attuale prorpietario, fu ufficiale di collegamento fra il Comando italiano e Rommel in Africa. Venne catturato dagli inglesi e poi fatto prigioniero in India. Fino al 1946.

Da qui parte la seconda vita della famiglia Endrici. Dai vini sfusi che partivano con i vagoni direttamente dalla cantina.

E da qui ripartì il sogno del vino in bottiglia che pian piano si affermò e riportò alla riblata l'antica cantina del Masetto.

Franco a 94 anni concluse serenamente la sua vita e lasciò al figlio Paolo un grande patrimonio di storia, di tradizione, di qualità.

Con Paolo Endrici, al comando assieme alla moglie Christine, e i due figli Daniele e Lisa Maria, oggi portano avanti la terza vita di questa lunga avventura tra le vigne del Teroldego.

Il Teroldego

Un vitigno difficile da interpretare ma vigoroso e senza dubbio sostanzialmente generono in vigna. E' il vitigno ufficiale della piana rotaliana e, allo stesso tempo, il portabandiera degli autoctoni rossi trentini in Italia e nel mondo.

Ma con il Teroldego gli Endrici hanno dimostrato che si può fare di tutto...e ancora di più?

Grazie alla collaborazione di due ottimi enologi, Vito Piffer e Hartmann Donà, qui tra le vigne del Masetto si fa da molti anni un gran lavoro di sperimentazione. Il Teroldego sì è un ottimo prodotto ma non si è mai accettato il fatto che non potesse offrire una vera chance su un vino di grande levatura che se la potesse vedere con i grandi vini neri italiani, Amarone, Brunello...

Gli sforzi fatti da Paolo Endrici sono stati quelli di coordinare un progetto importante per dare vita ad un grande Teroldego da "performance". Nel senso positivo del termine. Ossia, un vino di grande struttura, elegante, ricco di estratto, con un contesto aromatico olfattivo ampio e colpesso. Insomma un vino emozionante che lasciasse senza parole il degustatore.

Ed ecco arrivare il Gran Masetto Nero...e Gran stavolta ci sta proprio bene!

Di questo vino ho già scritto dopo la degustazione tenuta a Merano lo scorso anno. 

Un anno dopo il 2006 ha dimostrato una ottima crescita di carattere e finezza. Mantiene una bella eleganza espressiva con un valore del frutto che lascia emozionati. Piace soprattutto perchè il progetto di estremizzazione delle concentrazioni degli acini per disidratazione, non offusca il valore organolettico del Teroldego. No, semmai lo esalta e lo mantiene integro e potenziato. Vito Piffer sembra un bambino geloso del suo "giocattolo" quando parla del Gran Masdetto Nero. E si capisce bene perchè. Questo vino è una grande conquista per gli Endrici ma pure per l'enologia rotaliana e trentina in genere. Con la tecnica dell'appassimento si è riusciti a dare una grande chance all'idea di grande vino in trentino. Non che non ce ne siano. Anzi a dire la verità il Masetto Nero sempre degli Endrizzi non ha nulla di che invidiare al suo Gran postumo. Ci fa vivere emozioni di finezza ed eleganza che pochi vini neri del trentino riescono ad esprimere. Eppure in quel Gran c'è tutto il sogno che si è avverato. Concentrare senza cuocere le uve, esaltare i caratteri organolettici senzza perdere identità. Accentuare il corpo senza degradare la scorrevolezza e la freschezza.

Il futuro di Endrizzi passerà dunque attraverso le tecniche di appassimento? Una nuova "valpolicella" in terra trentina? Niente di tutto questo. Non 'c'è l'uva e nemmeno la storia e la tradizione e, queste, non sono fattori che si inventano dall'oggi al domani. Semplicemente si farà sperimentazione ancora più intrigante. E non sia che il glorioso Istituo Enologico di San Michele all'Adige non proponga studi per cercare cloni di grappoli di Teroldego più spargoli e adatti all'appassimento.

Il futuro è dolce!

In occasione del 125° Paolo Endrici ha presentato il suo nuovo passito di Teroldego. Un'evoluzione delle positive sperimentazioni degli appassimenti delle uve. Solo acciaio!

Ebbene un altro progetto intelligente e riuscito. Vino pulito, che poggia tutto sè stesso sulla valenza croccante del frutto di bosco e della ciliegia. Il tannino morbido aiuta la piacevolezza al palato e la freschezza tipica allenta la sensazione di dolcezza. Ne viene fuori un vino dolce non dolce intrigante nel frutto e delicatissimo nella spezia. Per chi ama il Recioto come noi veronesi, una versione molto femminile e sinuosa.

Da parte nostra tutti i più sinceri auguri di un grande futuro per proseguire quell'epopea iniziata 125 anni fa!

 

Bernardo Pasquali

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